Altre stragi dell'epoca

 

Il bombardamento della scuola di Gorla non è stato l'unico episodio di incursione aerea condotto dagli alleati anglo-americani in quel periodo storico con lo scopo di terrorizzare la popolazione civile per causare una sollevazione popolare che portasse alla resa del Capo del Governo di allora, Benito Mussolini.

Dei numerosi episodi siamo riusciti, grazie a testimonianze di sopravvissuti, a ricostruire alcuni che riportiamo in ordine cronologico; invitiamo chiunque fosse a conoscenza di altre storie simili a contattarci per la pubblicazione su questa pagina.

 

 

7 Aprile 1944 - Il bombardamento di Treviso

Il primo episodio che vi raccontiamo si svolse nella Città di Treviso, in Veneto, e abbiamo deciso di metterlo all'inizio della pagina non solo perchè fu il primo in ordine cronologico, ma per il numero delle vittime che anche i sopravvissuti definiscono "un triste record a livello nazionale": in soli 5 minuti, la durata del bombardamento, vennero raggiunte le impressionanti cifre di 1600 morti, 350 feriti gravi, migliaia di feriti leggeri e soprattutto centinaia di bambini rimasero orfani avendo perso entrambi i genitori sotto le bombe.

Nel novembre del 1943 venne presa la decisione di bombardare Treviso in quanto importante snodo ferroviario dove erano presenti circa 5000 militari tedeschi, tra soldati semplici ed ufficiali.

Un primo episodio di minore entità si concretizzò il giorno 18 marzo del 1944, quando alcuni caccia americani mitragliarono l'aeroporto della Città e le aree limitrofe dove numerosi civili persero la vita.

Dopo poco più di un anno, il 7 aprile 1944, Venerdi Santo prima della Santa Pasqua, dalle basi pugliesi decollarono 400 bombardieri B17 alla volta della Città veneta dove lanciarono 2.636 bombe (non è un errore di battitura del testo, furono duemilaseicentotrentasei ordigni) per un totale di cira 450 tonnellate di esplosivo...

Il bersaglio della missione doveva essere l'Albergo "Stella d'oro" situato nel centro storico, dove quel giorno era in programma un convegno che vedeva la partecipazione di Joachim Von Ribbentrop (Ministro degli esteri tedesco dal 1938 al 1945), del Generale tedesco Albert Kesserling, del Generale italiano Rodolfo Graziani oltre a numerosi altri ufficiali sia tedeschi che italiani.

Le batterie di avvistamento presenti sulla costa del mare Adriatico segnalarono immediatamente l'arrivo dei bombardieri diretti a nord, tutti i militari presenti nell'obiettivo vennero avvisati e lasciarono l'albergo mettendosi in salvo, mentre nessuno pensò di avvertire la popolazione civile residente nella zona che divenne l'epicentro della strage: nel "corridoio" che andava dalla stazione ferroviaria alla Piazza dei Signori, circa 300 metri di lunghezza, restarono uccisi oltre 600 civili.

Anche alcuni residenti ai margini del centro abitato che avevano costruito un piccolo rifugio antiaereo confinante con le loro case, cercarono si mettersi in salvo in quel luogo che doveva rappresentare la salvezza, ma una delle case colpite crollò sopra l'entrata seppellendo vive le persone che si trovavano all'interno, compresi numerosi bambini, in memoria dei quali nel 1945 venne restaurata una vicina chiesetta che venne dedicata a loro con l'apposizione di una lapide con i nomi dei piccoli morti sotto le bombe.

Le operazione di ricostruzione durarono circa 10 anni, durante i quali vennero rinvenuti dei corpi che erano stati considerati dispersi, oltre ai circa 700 recuperati subito dopo quel Venerdi Santo, tragico simbolo della Passione di Treviso unita a quella di Gesù Cristo...

Nel video che segue viene raccontato lo svolgimento dei fatti con le testimonianze di numerosi superstiti.

 

2.02 7 aprile 1944 - Treviso ferita a morte from ballardian video on Vimeo.

 

Visitate il sito dell'Associazione Treviso 7 Aprile

 

 

14 settembre 1944 - Il convoglio ferroviario Milano-Alessandria

Il 14 settembre 1944, il convoglio ferroviario che doveva percorrere la linea tra Milano e Alessandria, una volta giunto sul ponte del fiume Ticino prima di arrivare a Vigevano, a causa dell'azionamento del segnale di allarme da parte dei passeggeri impauriti per avere visto avvicinarsi un gruppo di sei aerei, si fermò proprio nel mezzo del ponte, diventando così un facilissimo bersaglio per i piloti che avevano avuto la segnalazione di un treno carico di armi che doveva attraversare il fiume a quell'ora.

Durante i ripetuti passaggi degli aerei, i passeggeri del treno cercarono di mettersi in salvo, alcuni addirittura lanciandosi nel sottostante fiume Ticino.

Un tentativo di risposta antiaerea riuscì ad abbattere un solo velivolo, mentre gli altri tornavano alla base aerea di partenza.

I funerali si svolsero nei giorni seguenti, alcune bare erano vuote dal momento che non tutti i corpi vennero ritrovati.

 

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Se non riuscite a vedere il filmato all'interno della finestra nella pagina, cliccando sul collegamento potrete visualizzarlo direttamente a schermo intero.

Fonte: (Simone Tabarini - http://storiedilomellina.altervista.org)

 

 

15 settembre 1944 - Il mitragliamento del tram Brescia - Carpenedolo

"Mamma guarda gli aerei ... e si scatenò l'inferno..."

Erano le 13,15 di una bellissima giornata, venerdì 15 settembre 1944 e la guerra continuava a mietere vittime.

Il tram Brescia Carpenedolo si trovava nei pressi della fermata dei Novagli (Trivellini) nel territorio del Comune di Montichiari quando tre aerei lo sorvolarono a bassissima quota virando poi a sinistra verso Lonato.

I passeggeri del tram guardarono con timore e curiosità mentre qualcuno cercava di rincuorarli dicendo che era l'aviazione italiana.

Così non era, gli aerei quando furono sulla verticale di Lonato tornarono indietro, puntarono in picchiata sul tram mitragliandolo con proiettili incendiari, perforanti e dirompenti.

In un attimo si consumò la tragedia, dopo il primo attacco, gli aerei effettuarono un altro passaggio mitragliando questa volta la gente che cercava riparo nei campi adiacenti alla linea ferroviaria.

Implorazioni, urla, tutt'intorno feriti e morte, questo lo scenario che si presentò agli occhi dei primi soccorritori che trasportarono i feriti all'ospedale di Montichiari utilizzando qualsiasi mezzo compreso i "TOMAREL", classici carretti trainati da un cavallo utilizzati per qualsiasi tipo di trasporto agricolo.

 

Fonte: (Racconto tratto dalla pagina Facebook: "Montichiari segnala che...")

 

 

26 settembre 1944 - Il battello Milano

Questa vicenda si svolse il 26 settembre del 1944, sulle acque del Lago Maggiore, e più precisamente sul traghetto di linea che prestava servizio tra il comune di Laveno (sulla sponda lombarda) ed il comune di Intra (su quella piemontese).

 

Il battello Milano svolgeva regolare servizio di traghetto tra la sponda lombarda e quella piemontese del Lago Maggiore

 

Da qualche giorno il regolare funzionamento di tale collegamento era stato sospeso per motivi precauzionali, ma quella mattina nel piccolo imbarcadero lombardo si ritrovarono alcuni soldati provenienti dalla scuola di Varese insieme ad alcuni civili.

Il comandante del Battello "Milano" decise quindi di effettuare una corsa straordinaria per consentire a quei passeggeri di raggiungere chi la caserma, chi la propria abitazione.

 

Quella mattina il comandante decise di effettuare una corsa straordinaria

 

Giunto a circa metà del viaggio, da sud apparve una formazione di aerei che senza pensarci due volte aprì il fuoco sul natante; vennero colpiti tre uomini dell'equipaggio tra i quali il timoniere.

Uno dei militari trasportati ebbe la prontezza di riflessi di correre al timone e, visto che i motori erano ancora in funzione, riuscì ad attraversare il Golfo Borromeo portando il battello vicino a riva nonostante i passaggi degli aerei continuassero. Questo consentì ad alcuni dei passeggeri di raggiungere a nuoto la riva mettendosi in salvo.

 

Ormai colpito il "Milano" andò alla deriva fino all'affondamento

 

Dopo l'ultimo passaggio però il "Milano" colpito nello scafo sotto la linea di galleggiamento affondò, portando con se il suo carico di vite umane.

Da allora la cosa venne messa a tacere fino all'autunno del 2007, quando i Vigili del Fuoco con l'ausilio di un robot subacqueo decisero di provare a raggiungere il battello affondato che si trova tuttora alla profondità di circa 230 metri.

Da testimonianze di chi vide quel giorno il battello partire da Laveno e dal numero di quelli che riuscirono a mettersi in salvo tuffandosi in acqua, si stima che i civili morti siano circa settanta, i cui corpi non sono mai stati recuperati.

Sul sito Youtube, è presente un filmato pubblicato da VCO (un'emittente locale) con la testimonianza di una sopravvissuta che si trovava a bordo dell'imbarcazione e con i filmati girati dai Vigili del Fuoco con una telecamera subacquea telecomandata.

Guarda il filmato

 

 

5 novembre 1944 - La strage del Battello Iseo

Anche dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, il battello Iseo e gli altri della Compagnia di Navigazione, continuarono a tenere i collegamenti tra i paesi rivieraschi del lago d’Iseo. I primi anni del conflitto trascorsero relativamente tranquilli, ma con l’autunno del 1944 giunse il periodo buio degli attacchi aerei indiscriminati.

Il mattino del 5 novembre 1944, una domenica, l’Iseo, partito da Tavernola Bergamasca al comando del capitano Fausto Ministrino (altre fonti, stranamente, indicano come comandante un nome completamente diverso, il capitano Buelli) con a bordo 112 passeggeri (tra questi vi erano i giovani calciatori della squadra “Orsa Iseo” che si recavano a giocare dall’altra parte del lago, oltre a parecchie donne e bambini), era in arrivo all’imbarcadero di Siviano (Monte Isola). Contemporaneamente, proveniente dalla Valcamonica, si trovava a passare in zona una formazione di nove bombardieri angloamericani, in volo ad alta quota e diretti altrove, scortati da tre cacciabombardieri. Il lago era calmo, il cielo limpido: una giornata splendida e soleggiata. Gli aerei dirigevano verso il basso lago.

 

Il Battello Iseo

foto Simone Magnolini, tratta da:www.lombardiabeniculturali.it)

 

 

Alle 10.15, quando il battello era a soli trecento metri dall’approdo, i tre cacciabombardieri lasciarono la formazione, scesero in picchiata e si lanciarono sull’Iseo, mitragliandolo ripetutamente e a bassa quota. Lucia Crescimbeni, una passeggera, ricordò poi che uno degli aerei scese così in basso che poté vedere in faccia il suo pilota. Le raffiche di mitragliatrice, con proiettili che il capitano Ministrino riconobbe come quasi tutti esplosivi, colpirono la galleria e la saletta dove si trovavano i passeggeri, provocando una carneficina. Quattro passeggeri, presi dal panico, si buttarono in acqua per cercare di raggiungere a nuoto Siviano, ma annegarono. L’Iseo, però, pur seriamente danneggiato, non prese fuoco (altre fonti parlano invece di un principio d’incendio) e rimase governabile. Il comandante Ministrino, rimasto illeso, fece aumentare la velocità e riuscì a portare il battello in un’insenatura nei pressi della località "Agostinel", dove poté attraccare (per altra versione, fece arenare la nave). I passeggeri ancora vivi, 76 dei quali feriti, vennero sbarcati insieme a 38 salme (oltre ai passeggeri annegati).

 

Un tentativo di mimetizzazione poteva essere utile solo quando si trovava attraccato vicino alla vegetazione, non certo in mezzo al lago.
Immagine tratta da “Storia del XX Secolo” n. 40, maggio 1998

 

Tra i primi ad accorrere sul posto per prestare soccorso vi fu il medico Adolfo Ferrata, che viveva in una casa di Siviano e si trovava vicino all’imbarcadero al momento dell’attacco (Ferrata era solito dire “Il letto del malato è il mio campo di battaglia”). Sopraggiunsero anche dei contadini, che strapparono i pali delle viti per formare una passerella con cui far scendere a riva la gente rimasta sul battello. Vittime e feriti vennero poi trasferiti nella Casa Provinciale delle suore di Brescia, trasformata in ospedale: fu necessario riempire anche l’atrio di materassi per sistemare tutti i feriti.

 

Ecco come appariva la fiancata del battello dopo essere stato colpito, sono visibili i fori dei proiettili
Immagine tratta da “Storia del XX Secolo” n. 40, maggio 1998

 

Le vittime furono in tutto 42. In maggioranza erano donne, molti i giovani ed i giovanissimi (dieci avevano meno di diciotto anni, cinque di loro meno di dieci). Le vittime più giovani furono le due gemelline Maria e Lisetta Barbieri, di soli nove mesi.

 

I loro nomi:

Archetti Adele, 27 anni, di Monte Isola

Archetti Agostina, 33 anni, di Iseo

Barbieri Lisetta, 9 mesi, di Iseo

Barbieri Maria, 9 mesi, di Iseo

Belotti Maria, 10 anni, di Vigolo

Bettoni Francesco, 53 anni, di Tavernola

Bianchi Matilde, 29 anni, di Sellere (Sovere)

Bianchi Ornella, 18 anni, di Iseo

Buffoli Elvira, 52 anni, di Iseo

Carrara Giuseppe, 20 anni, di Iseo

Carta Nidia, 36 anni, di Lovere

Colosio Maria, 7 anni, di Monte Isola

Dorta Paolo, 71 anni, di Iseo

Falciola Giuseppe, 21 anni, di Lovere

Fiorina Carla, 14 anni, di Riva di Solto

Frattini Angelo, 36 anni, di Castro

Guizzetti Teresa, 17 anni, di Monte Isola

Inverardi Bernardina, 14 anni, di Iseo

Lojodice Anna Maria, 1 anno, di Tavernola

Lojodice Marino, 39 anni, di Tavernola

Lojodice Vincenzo, 6 anni, di Tavernola

Lussignoli Maria, 31 anni, di Predore

Marilengo Wanda, 33 anni, di Iseo

Martinelli Caterina, 37 anni, di Vigolo

Mazzucchelli Brigida, 17 anni, di Monte Isola

Mazzucchelli Michele, 29 anni, di Monte Isola

Milia Calogero, 52 anni, di Iseo

Negri Mario, 19 anni, di Iseo

Nervi Luigi, 53 anni, di Riva di Solto

Pezzini Bianca, 28 anni, di Iseo

Rivetti Antonietta, 66 anni, di Marone

Rolli Antonio, 46 anni, di Riva di Solto

Scaramuzza Antonia, 58 anni, di Marone

Serioli Maria, 15 anni, di Sale Marasino

Silini Giustina, 33 anni, di Pisogne

Stoppani Battista, 29 anni, di Lovere

Viola Luigina, 32 anni, di Iseo

Zanotti Angelo, 30 anni, di Marone

Zenti Guido, 36 anni, di Riva di Solto

Ziliani Lucia, 21 anni, di Monte Isola

Ziliani Maria, 26 anni, di Monte Isola

Ziliani Maria, 32 anni, di Monte Isola

Come sovente accade in questi casi, fiorirono le ‘leggende’ tese a spiegare l’apparentemente inspiegabile attacco ad un’innocua piccola motonave lacuale: storie per cui gli Alleati avrebbero attaccato l’Iseo perché informati, erroneamente, che il battello trasportasse truppe ed armi; voci secondo le quali l’Iseo sarebbe stato attaccato perché scambiato dai piloti degli aerei per il rimorchiatore che i genieri tedeschi usavano per i lavori sulla strada rivierasca. Altri definiscono invece l’attacco come deliberatamente terroristico, diretto a colpire la popolazione civile.

Né l’una né l’altra interpretazione, probabilmente, sono corrette: anche il mitragliamento dell’Iseo è meramente da collocarsi negli attacchi ai bersagli occasionali rappresentati da qualsiasi mezzo di trasporto sarebbe potuto potenzialmente essere impiegato dalle truppe tedesche per i loro spostamenti. I cacciabombardieri angloamericani erano spesso in caccia libera per questo tipo di bersagli. Era anche vero che in qualche caso dei battelli avevano trasportato occasionalmente truppe tedesche o della RSI, per cui che tali attacchi non sarebbero stati del tutto ingiustificati: d’altra parte non si può ignorare che i piloti dovevano ben rendersi conto che nella maggior parte dei casi tali incursioni non avrebbero causato che stragi inutili di civili.

Mentre terribili erano state le perdite umane, il mitragliamento aveva apparentemente causato danni materiali di modesta entità: l’Iseo venne immediatamente riparata, e tornò in servizio il giorno stesso dell’attacco. Sopravvisse al conflitto, mantenendo, infaticabile, il servizio di collegamento sul lago: la sua vita sarebbe stata ancora molto lunga.

Il 60° anniversario del mitragliamento del 1944, il 5 novembre 2004, è stato commemorato con una mostra itinerante organizzata a bordo dell’Iseo stessa. Alla commemorazione ha partecipato anche il maggiore Pete Miller, delegato dell’ambasciata britannica in Italia.

 

Il Battello Iseo in navigazione come si presenta ai giorni nostri.
Immagine tratta dal sito della Navigazione Lago d’Iseo

 

Una lapide con i nomi delle vittime, posta nel santuario della Madonna della Ceriola, ricorda il mitragliamento del 5 novembre 1944, insieme ad un ex voto lasciato da una passeggera sopravvissuta all’attacco.

 

Fonte: Blog: Con la pelle appesa a un chiodo

 

 

9 gennaio 1945 - Il mitragliamento del trenino Torino - Giaveno ad Orbassano

Il trenino elettrico che collegava Torino a Giaveno fu inaugurato nel 1928 e passava attraverso i Comuni di Torino, Beinasco, Orbassano, Bruino, Sangano, Trana, San Bernardino, Giaveno.

I passeggeri provenivano da tutti i Comuni; erano persone che lavoravano, studiavano, operai, casalinghe.

Il 9 gennaio 1945 verso le tre del pomeriggio, il trenino, mentre passava in Orbassano, fu bersaglio di un mitragliamento aereo da parte della contraerea alleata in prossimità della fermata davanti alla fabbrica serica Depetris, che si trovava tra le attuali via De Gasperi e via Bixio.

Le conseguenze dell'attacco aereo furono ingenti e sono rimaste impresse nella memoria dei presenti, come dimostrano le immagini e le testimonianze.

Nonostante l'intervento repentino della Croce Rossa, le vittime furono 31 e i feriti 34, alcuni dei quali morirono in seguito. I feriti furono ricoverati in diversi ospedali: Orbassano, Sassi (Torino), Croce dell'Ordine di Malta (Torino).

Una nuova incursione aerea al trenino avvenne pochi giorni dopo, il 27 gennaio 1945, nel territorio di Sangano (che allora era accorpato come frazione al Comune di Bruino).

Anche in questo caso l'incursione causò vittime civili.

Da sempre questi eventi drammatici sono commemorati e nel 1995 la Città di Orbassano ha anche inaugurato un monumento alle vittime civili di guerra che si trova nel giardino Primo Levi in via Dante Di Nanni.

 

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29 gennaio 1945 - Il mitragliamento del treno della Val Seriana

La mattina del 29 Gennaio 1945 la Seconda Guerra Mondiale, che sta ormai volgendo al termine, porta in Val Seriana distruzione e morte fra tanta povera gente. E’ un Lunedì e il trenino, partito da Bergamo alle ore 7,55 e diretto a Clusone, trasporta molti lavoratori delle fabbriche della media e alta valle. Tra questi ci sono anche diversi ragazzi Vallaltesi che sono impiegati nelle aziende chimico-minerarie di Gorno e di Selva le quali, per la loro rilevanza bellica, sono sotto il controllo militare.

Il Lunedì mattina è anche giorno di mercato a Clusone. E così artigiani, negozianti di bestiame e persone comuni affollano il treno per recarsi al più importante mercato dell’Alta Val Seriana.

Quel giorno, ai già molti passeggeri si aggiungono diversi preti e seminaristi che stanno raggiungendo Clusone per partecipare al funerale dell’arciprete Monsignor Plebani.

Mentre il treno percorre i paesi della Val Seriana come in un normale giorno feriale, una squadriglia di cacciabombardieri americani partiti da Pontedera, a sud di Firenze, sorvola le nostre vallate in direzione di Lecco dove, stando alle informazioni raccolte dalla ricognizione del giorno prima, si aspettano di trovare un assembramento di convogli ferroviari. L’obiettivo della missione è distruggere questi treni con bombe e a colpi di mitraglia. Le ferrovie sono fondamentali per il rifornimento delle truppe tedesche che stanno cercando disperatamente di arginare l’avanzata degli Alleati e per questo diventano uno degli obiettivi principali degli attacchi aerei americani.

Quando i quattro aerei giungono sopra la città di Lecco, anche a causa della foschia, non riescono a individuare nessun convoglio ferroviario e così decidono di proseguire verso nord in cerca di nuovi bersagli. Giunti in prossimità di Colico scorgono un convoglio di autocarri e carri armati e lo attaccano con le bombe distruggendo diversi mezzi. Concluso l’attacco si inoltrano in Valtellina e giunti a Sondrio piegano verso sud in direzione della Valle Seriana per rientrare alla base. Intorno alle 9:00 stanno sorvolando il Monte Farno. Scrutando la valle che corre alcune centinaia di metri sotto di loro scorgono il treno che nel frattempo ha superato il passaggio a livello di Colzate e sta procedendo lentamente verso il ponte del Costone. I piloti dei cacciabombardieri scambiano il treno per un convoglio militare e danno il via all’attacco. Le potenti mitragliatrici degli aerei riversano una pioggia di proiettili di grosso calibro prima sulla locomotiva e poi sulle carrozze passeggeri. I piloti vedono volare in aria pezzi di motrice insieme a una grande quantità di vapore e fumo marrone. Il macchinista Folsi, al suo primo viaggio su quel treno, è colpito a morte dalle prime raffiche.

Mario Guerini, uno dei sopravvissuti, ricorda quei momenti drammatici a bordo del treno: “Poco dopo il passaggio a livello di Colzate ci fu la prima scarica di pallottole. Qualcuno pensò che si trattasse del ghiaccio frantumato dalle ruote del treno poi tutti capimmo che era un mitragliamento.” Mario Guerini che sta accompagnando don Lazzari, parroco di Gazzaniga, si salva riparandosi sotto il treno che nel frattempo si è fermato. I passeggeri terrorizzati cercano scampo chi nascondendosi sotto le carrozze chi nella fuga attraverso i campi e verso il fiume Serio. Adriana Cortinovis, che sta andando a Oneta dove è maestra presso la scuola del paese, ricorda che “all’interno della carrozza c’era sangue dappertutto e i passeggeri seduti sembravano dormire, ma erano morti”. Gli aerei Americani compiono due passaggi, e dopo avere costatato che il treno è devastato e che sul terreno ci sono morti e feriti tra le presunte truppe, si allontanano verso sud. In realtà non c’è giunta notizia di militari a bordo del treno.

Sia sul treno che sul terreno circostante ci sono numerosi morti e feriti che emettono lamenti e chiedono aiuto. I feriti sono trasportati prima in centri di assistenza improvvisati e poi, a bordo di un autocarro, all’ospedale di Gazzaniga, dove il dottor Samuele Angeletti esegue per ore interventi chirurgici che salvano molte vite. I corpi straziati dei morti sono sistemati su alcune carrozze del treno trasportati a Vertova. Le salme vengono composte nella chiesa di Santa Croce, nei pressi della stazione. Qui la mesta processione dei famigliari delle vittime proseguirà per ore.

Il giorno 30 Gennaio l’Eco di Bergamo riporta il triste bilancio di 24 morti e 26 feriti gravi, molti dei quali moriranno nei giorni seguenti.

Tra i tanti passeggeri di Vall’Alta non c’è nemmeno un ferito. La maggior parte di loro se ne torna a casa già quella stessa mattina portando in paese la notizia dell’accaduto.

A Vall’Alta non ci sono dubbi. L’incolumità dei compaesani è interpretata come un segno miracoloso della Madonna di Altino.
L’11 Febbraio, giorno dedicato alla Madonna di Lourdes, è vicino e già da alcuni anni si celebra questa ricorrenza al Santuario. Il parroco don Carlo Bosio, a nome dell’intero paese di Vall’Alta, assume un impegno solenne. Da quell’anno nella messa dell’11 Febbraio al santuario di Altino si dovrà rinnovare il ringraziamento alla Madonna per avere protetto i suoi figli durante il mitragliamento del treno.

 

Fonte: (Racconto tratto dal periodico online "Paese Mio")

 

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30 gennaio 1945 - La corriera di Badile

Dopo la dichiarazione di armistizio di Badoglio del 8 settembre 1943, gli italiani cercavano di tornare ad un modello di vita che permettesse loro di superare le privazioni dovute al razionamento dei generi alimentari. A tale scopo molti residenti nella provincia ogni mattina si recavano al lavoro utilizzando i mezzi pubblici disponibili. Uno di questi era la corriera che percorreva la statale da Milano a Pavia, sostando anche nei piccoli paesi per raccogliere i pendolari; così fece anche la mattina del 30 gennaio 1945 quando però al capolinea non ci arrivò mai.

Giunta a Badile, piccola frazione del comune di Zibido San Giacomo, l'automezzo venne fatto bersaglio di numerose raffiche di mitra che partivano da una formazione di aerei (inglesi) che nel frattempo erano comparsi in cielo; dopo il primo passaggio i viaggiatori che non erano rimasti feriti cercarono di mettersi in salvo correndo verso una vicina cascina o più semplicemente buttandosi in un fossato che doveva svolgere la funzione di "trincea". Gli aerei effettuarono altri passaggi a bassa quota continuando ad aprire il fuoco per non lasciare testimoni dell'accaduto. L'ultima raffica venne da un solo velivolo che concluse l'opera lasciando sul campo innevato i corpi di chi sperava di avercela fatta.

Il giorno prima (29 gennaio) la stessa scena si era svolta nel comune di Motta Visconti, a pochi chilometri da Badile.

 

Una croce sulla Strada Statale ricorda ai passanti la strage della corriera di Badile

 

 

 

 

continua