Le scuse ... e il Perdono

 

Come abbiamo già ricordato nelle pagine precedenti, dopo il bombardamento le famiglie di Gorla coinvolte nella strage e, più in generale, tutti gli abitanti del quartiere milanese, cercarono di ritornare ad una vita che avesse almeno una parvenza di "normalità"; questo comportava oltre alla ricostruzione delle abitazioni e delle fabbriche dal lato materiale, anche il tentativo di "elaborare il lutto" (termine in uso ai giorni nostri) dal lato emotivo.

Se per porre in atto il primo proposito il percorso da seguire era ben chiaro: abbattere gli stabili residenziali e lavorativi danneggiati per ricostruirli, cercare di accettare quanto avvenuto era molto più difficile, quasi impossibile, anche a causa delle ostilità che provenivano da oltre Oceano, con la proposta da parte americana di una forte somma e della ricostruzione della scuola elementare a patto che venisse distrutto il Monumento.

La cosa ovviamente non venne accettata dai genitori, ma in un tentativo di riconciliazione con gli autori del bombardamento, venne incaricato l'aviatore Maner Lualdi di effettuare con il proprio aereo denominato "l'Angelo dei Bimbi" una spedizione che potremmo definire "di Pace e Fratellanza" negli Stati Uniti per tentare di ricostruire i rapporti umani precedenti la vicenda.

La risposta che ricevette fu però l'indifferenza totale che lo portò a ritornare quindi sui suoi passi: gli Stati Uniti non sentivano nessun peso sulla coscienza, non si sentivano in colpa nemmeno per la decisione di avere colpito un quartiere popolare dove non c'erano fabbriche, caserme o altri obiettivi militari ma solo abitazioni civili tra le quali, come in tutte le Città del mondo, sono sempre presenti edifici scolastici che a quell'ora non potevano certamente essere vuoti...

Non tennero neppure in considerazione il fatto che il bel gesto di riappacificarsi era partito dalla parte colpita, non da chi avrebbe dovuto sentirsi in obbligo di farlo, visti i risultati, e che quel pilota aveva raggiunto e sorvolato il territorio americano con un carico di buone intenzioni in risposta a chi aveva sorvolato il territorio milanese con un carico di morte.

Dopo questa iniziativa calò il silenzio, l'Italia entrò a fare parte della N.A.T.O. diventando di fatto un Paese nell'orbita degli U.S.A., passarono i decenni, a livello nazionale si susseguirono i Governi, a quello cittadino i Sindaci, ma nessuno ebbe il coraggio di riaprire la questione.

Solamente dopo l'inizio del nuovo millennio, in concomitanza con l'uscita del libro intitolato "20 ottobre 1944 ...dicevano che la guerra era finita..." alcuni superstiti cercarono di contattare, attraverso il giornalista Leo Siegel, la Console americana nella metropoli meneghina, dopo settimane di attesa arrivò la risposta che ci si aspettava: la Console Deborah E. Graze rifiutò di inviare il giorno della Commemorazione anche solo un semplice mazzo di fiori, non tanto per riconoscere le proprie colpe, quanto come gesto di Carità Cristiana verso i bambini morti.

 

L'ex Console degli Stati Uniti a Milano,

Deborah E. Graze

 

Quest'anno, in occasione del 75° Anniversario del bombardamento, nel suo discorso ai cittadini il Sindaco Giuseppe Sala ha finalmente squarciato il velo del silenzio che da tanti, troppi anni gravava sulla questione: la richiesta ufficiale di scuse presentata alla attuale Console Elizabeth Lee Martinez.

 

Il Sindaco di Milano,

Giuseppe Sala

 

L'attuale Console degli Stati Uniti a Milano,

Elizabeth Lee Martinez

 

Dobbiamo prendere atto che gli attuali titolari delle due Cariche, quella di Sindaco e quella di Console, hanno dato un segnale di discontinuità rispetto ai loro predecessori: al Sindaco Sala va riconosciuto il merito di aver inoltrato la richiesta ufficiale delle scuse, che è quanto ci aspettavamo dal nostro Primo Cittadino, e la conferma che non si sia trattato di una cosa di poco conto è che tutta la stampa locale e nazionale oltre ai mezzi di comunicazione televisivi se ne sono interessati per più giorni. Anche il quotidiano on line NEWSWEEK nella sua versione americana ha riportato la notizia informando i propri lettori del bombardamento di Gorla.

Nei giorni successivi alla richiesta, la Console ha risposto al Sindaco con una lettera (che trovate qui sotto) dove esprime le sue condoglianze, oltre a confermare gli ottimi rapporti che intercorrono tra i due Paesi.

 

 

Non conosciamo gli usi ed i costumi americani, ma nella nostra cultura si può parlare di condoglianze nell'immediatezza di un evento luttuoso, se impossibilitati ad esprimersi subito si può arrivare a una, due settimane di ritardo. Non 75 anni. Dopo un simile periodo non ha senso utilizzare quei termini.

Avremmo preferito, e con noi i superstiti della scuola, che la Console avesse incardinato la sua lettera sul termine "scuse" invece di "condoglianze", non tanto per dovere riconoscere le colpe e magari vedersi costretta a risarcire le famiglie delle vittime, quanto per ammettere che quell'episodio non è costato la vita a duecento soldati di un esercito nemico armati di mitragliatori, pronti a combattere, ma a duecento bambini di una scuola elementare armati di quaderni e matite colorate, pronti a vivere la vita che avevano davanti, che non avevano colore politico, che non potevano essere considerati obiettivi militari da annientare per vincere la guerra.

Comunque, come ha detto il Sindaco Sala concludendo il suo intervento, noi siamo qui. Pronti anche a perdonare se arriveranno delle vere scuse sentite, magari con una corona di fiori, magari durante una visita al Monumento di piazza Piccoli Martiri. Console Martinez, metta in atto questo gesto coraggioso, anche contro il parere dei suoi superiori, l'aspettiamo...

 

continua